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  • repressione e resistenza a San Sisto
San Sisto - mostra su Guardia Piemontese


Il Sant’Uffizio dell’Inquisizione, guidato da un domenicano, il cardinale Michele Ghislieri (futuro papa Pio V), riteneva
«l’heresia essere tale infermitade che non così facilmente né in sì breve tempo si risana, et chi vol risanarla convien ritrovar bene la radice».
Nel novembre del 1560 egli affidò al domenicano Valerio Malvicino l’incarico di risolvere il “problema calabrese”. La maggior parte di quanti avevano abiurato era tornata a professare la propria fede apertamente, così il nuovo commissario ne decretò la condanna a la morte. Centinaia di “ultramontani” di San Sisto abbandonarono le case e fuggirono nei boschi. Tale scelta, pari alla ribellione, ne aggravò la posizione di fronte alle autorità laiche ed ecclesiastiche.
Le ordinanze del 9 febbraio 1561 inaugurarono una nuova fase della repressione: divieto di riunirsi in più di sei persone e utilizzare la propria lingua; obbligo di seguire la messa, indossare l’“abitello” (due strisce di tessuto giallo, che pendevano sul petto e sulle spalle, con una croce rossa al centro), far rientrare i parenti fuggiti a Ginevra o in Piemonte e non intrattenere rapporti con essi, demolizione delle case che avevano ospitato i predicatori giunti d’oltralpe. Ne seguì un decreto di confisca dei beni degli “eretici”.
Nel marzo 1561 l’inquisitore richiese l’intervento militare del governo spagnolo, poiché
«Pocho rimedio credo si possi fare [con questi popoli] se non l’esterminio se non de tucti, almeno d’alchuni».
Fallito il tentativo di far uscire allo scoperto i fuggiaschi di San Sisto, a maggio il viceré ordinò «che tutti coloro li quali ritrovassero di tal gente li pigliassero o morti o vivi». Il governatore di Montalto radunò due compagnie di mille soldati; in un agguato sorprese alcuni fuggiaschi, che reagirono uccidendolo.
La novità della “rivolta” destò scalpore; oltre alla fanteria spagnola, dalle carceri furono reclutati delinquenti con la promessa di amnistia e bottino. Il 1° giugno fu appiccato il fuoco a San Sisto per far uscire allo scoperto gli uomini rifugiati nei boschi; donne e bambini, fuggiti dal paese, furono raggiunti e uccisi o violentati. Il clima di terrore mise in allarme i valdesi dei borghi vicini al punto che questi, per timore di rappresaglie, rifiutarono di fornire rifugio ai sansistesi in cerca di aiuto. Molti furono catturati e portati nelle carceri di Montalto (e Cosenza). Il 4 giugno iniziarono le esecuzioni.

Immagini:
  1. San Sisto immagine del paese: Rue Morts
  2. parrocchiale S. Michele costruita con manodopera valdesi
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